Contrastare la violenza di genere attraverso azioni pedagogiche
di Camilla Deiana, tirocinante e Valentina Vettor, psicoterapeuta
Cultura dello stupro e piramide della violenza
I femminicidi non capitano per caso ma sono il risultato di una cultura che promuove l’ oggettificazione delle donne e si dimostra inadeguata a crescere uomini in grado di gestire emozioni come la rabbia, la paura del rifiuto e dell’abbandono e la gelosia. Questa cultura in letteratura viene definita Rape Culture, cultura dello stupro.
Alla base della piramide troviamo i comportamenti socialmente percepiti come meno gravi e quindi più diffusi: sono miroaggressioni che sorreggono e legittimano le manifestazioni più violente. Comportamenti normalizzati dalla cultura prevalente (nonostante costituiscano reato) fino al punto di scambiare le molestie per complimenti e la possessività e il controllo per prove d’amore.
Dobbiamo fare attenzione ai comportamenti che sono tollerati a tal punto da passare inosservati.
Spesso i confini non sono così netti come i mass media ci fanno credere: chi commette violenza non è “folle” o “preda di un raptus”: secondo gli studi, gli autori della violenza si trovano soprattutto tra le persone con cui la donna ha legami affettivi importanti come partner, ex partner e familiari o parenti.
In una società in cui muore una donna ogni tre giorni (120 nel 2023 secondo i dai Istat), non possiamo pensare di contrastare questo fenomeno intervenendo solo al culmine della violenza maschile, bisogna riconoscere l’importanza di atteggiamenti e percorsi educativi, informativi e formativi che siano in grado di prevenire il problema e tutelare le donne. In questo percorso l’educazione al consenso svolge un ruolo centrale perché ci permette di intervenire alla base della piramide.
Il filtro Funzionale del Se’
Per costruire una società in cui le relazioni siano basate sulla cura e sul rispetto reciproco occorre che gli adulti e in generale tutta la comunità educante, aiutino i giovani a riconoscere le proprie emozioni fornendo loro strumenti utili a condividerle e ad attraversarle.
E’ fondamentale aumentare la capacità individuale e sociale di FILTRAGGIO FUNZIONALE: saper distinguere un’emozione negativa, sentire di poterla analizzare, imparare ad autogestire il percorso interiore del vissuto senza che si trasformi in pensieri ossessivi o in azioni impulsive e/o lesive.
Consenso e Responsabilità collettiva
Non possiamo tralasciare l’importanza della responsabilità collettiva quando si parla di consenso e violenza di genere: le istituzioni devono riconoscere la violenza maschile sulle donne come un problema sistemico e proporre soluzioni e interventi che abbiano come target anche la comunità e non esclusivamente i singoli individui.
Bisogna ripensare all’intimità e al sesso come argomenti di dialogo e confronto.
La mancanza di percorsi formativi ed educativi sistematizzati e pervasivi, l’idea ancora diffusa tra gli adulti che siano argomenti tabù, contribuisce a creare una voragine informativa sul tema della sessualità. Voragine che lascia spazio alla ricerca di conoscenze e vissuti esperienziali di tipo pornografico, radicando nelle persone l’idea che il sesso e l’intimità siano qualcosa di sporco e violento, da pretendere, da agire e non da chiedere e condividere come costrutto. I ragazzi di oggi non dispongono di strumenti adeguati per sviluppare relazioni e rapporti sessuali che siano rispettosi d se’ e degli altri.
Per questa ragione risulta necessario scomporre il concetto di intimità e ripartire dal momento in cui tutto dovrebbe avere inizio: il consenso.