di Elena Capovilla e Alessandra Poletti
Vertigini, dal latino ‘verto’, “girare” o “ruotare su se stessi”, a ricordare le caratteristiche del sintomo vertiginoso, la sensazione che l’ambiente intorno si muova o ruoti, la sensazione di oscillare e perdere equilibrio.
Le vertigini (in assenza di malattie organiche) vanno accolte come uno dei tentativi della persona di gestire lo stress.
Per la Psicologia Funzionale così come per la l’Osteopatia, la persona viene guardata sempre nella sua interezza, cioè nella complessità dell’organizzazione del suo Sè e dei vari sistemi che lo compongono (neurovegetativo, endocrino, senso-motorio, percettivo, emotivo, cognitivo, nervoso e di equilibrio/postura).
Questi sistemi vanno considerati nella loro oggettività, con metodologie e test specifici, e nella loro soggettività, come attenzione al funzionamento di quell’insieme unico nel suo genere che è la persona e che si esprime ‘qui e ora’ all’interno di specifici Funzionamenti di Fondo.
I primi quesiti essenziali dal punto di vista della Psicologia Funzionale e dell’Osteopatia riguardano quindi come avvenga/sia avvenuta l’alterazione di questi sistemi e perché in alcune persone si alteri di più un sistema fisiologico anziché uno psicologico, considerando che entrambi i sistemi comunicano e sono interdipendenti l’uno dall’altro, e così il lavoro eseguito su un sistema si riverbera sull’altro, legando Osteopatia e Psicologia funzionale verso un obiettivo comune.
L’alterazione dei sistemi avviene rispetto all’impatto particolare che la persona ha con l’ambiente (che è costituito anch’esso da tanti altri sistemi in continuo adattamento), cioè alla risposta complessiva che l’intero Sè di quella persona elabora rispetto a quel determinato ambiente esterno, e questo è un dato da tenere in considerazione nell’individuare la migliore strategia di supporto.
Per fare una buona analisi dei sintomi vertiginosi è quindi necessaria una professionalità ampliata su più livelli che permetta di integrare la conoscenza medica sul livello oggettivo a quella soggettiva, in quanto spesso nei pazienti con questi tipi di disturbi non si rivela nulla di oggettivo ma si riscontra un elevato livello di ansia, squilibri posturali e iper attivazione generale con successivo crollo.
Una volta accertata, come spesso accade, la completa assenza di malattie organiche sottostanti, diventa quindi utile considerare la Vertigine come sintomo inconsapevole di un’angoscia sottostante, espressione della difficoltà a ‘stare’ nel mondo, della perdita di equilibrio e di punti di riferimento nella vita.
Angoscia, dal latino ‘angustia’, “ristrettezza, scarsa disponibilità, penuria, mancanza di spazio”. L’angoscia è infatti una dolorosa costrizione psicologica, stato tormentoso di ansietà e sofferenza, e viene spesso provata in accompagnamento al sintomo vertiginoso. Di quale scarsa disponibilità si tratta? Quale spazio viene a mancare?
Viene a mancare uno spazio sicuro e stabile, con una scarsa disponibilità di contatto ben orientato con il suolo, con la terra. La penuria che ci pone davanti l’angoscia potrebbe essere la penuria della nostra base, radici, che mette in crisi il nostro sistema visivo e posturale, con un eccesso di controllo delle ‘pulsioni’, che generano quella ristrettezza, quello spazio stretto, angusto, che di per sé non può riflettersi in stabilità e saldo orientamento. Qui possiamo intravedere il ruolo evolutivo dello stato angoscioso, e delle vertigini.
Le persone che soffrono di vertigine, inconsapevoli di questo possibile significato soggettivo, si rivolgono principalmente ai medici di base dai quali tendenzialmente non ricevono grande comprensione perché sembrano essere pazienti che si lamentano continuamente di qualcosa che non c’è. Inoltre, la vertigine risulta un disturbo non gradito nemmeno ai medici in generale in quanto spesso, non riscontrando alcuna causa organica, non hanno soluzioni da offrire ai propri pazienti.
La persona che soffre di vertigine quindi, arriva agli studi medici dicendo ad esempio che da quando si è alzata velocemente e ha avuto la vertigine non dorme più senza 4 cuscini, e si ritrova non solo nell’incomprensione e nella solitudine a convincersi che non esista intervento efficace capace di sconfiggere il suo malessere, ma anche già predisposta ad alimentare un’ulteriore vertigine da stress cervicale che manda in cortocircuito e in crollo tutto il suo sistema, a causa di un Funzionamento del Controllo ormai alterato.
L’evento “traumatico” della vertigine cioè spaventa a tal punto che la persona inizia a modificare alcune sue abitudini e a non fare più certe cose che faceva prima.
Ma se una volta la persona con vertigini veniva tenuta a letto, ora sappiamo che una mobilitazione precoce aiuta e permette un recupero più veloce ed efficace.
A livello riabilitativo la persona verrà quindi accompagnata in movimenti dolci e consapevoli, in una mobilizzazione specifica del collo, degli occhi, della mandibola, del bacino, delle caviglie, verso un miglior utilizzo dei sistemi posturali, accompagnati da una gestione corretta della respirazione.
Attraverso i trattamenti osteopatici si potrà lavorare direttamente su questi sistemi, focalizzandosi sulle tensioni e blocchi che li coinvolgono, ripristinando l’integrazione tra di essi, anche grazie a uno specifico lavoro sulla funzione diaframmatica, che vede coinvolto oltre al diaframma, un buon equilibrio bacino-addome-torace.
Entrando invece nell’ambito della Psicoterapia Funzionale, rispetto ad altri disturbi stress-correlati legati ad ansia con picchi non risolti (come ad esempio gli acufeni, per i quali noi seguiamo uno specifico protocollo sulle EBS “Lasciare” e “Far andare le Sensazioni Verso il Basso”), con le Vertigini dobbiamo tener conto di una particolarità dovuta al maggior numero di sistemi implicati i cui recettori inviano segnali ad aree diverse dell’organismo. E’ necessaria per questo una lettura di tutte le Esperienze che implicano la Funzione Movimento. In particolar modo dovremo far esplorare i movimenti nella Gioia e nella Vitalità, perché il vertiginoso, oltre a privarsi del movimento in generale tenderà a sentirsi appesantito dallo stare seduto e dal non potersi più muovere come prima, e a privarsi anche della relazione e del giocare con gli altri, in una sempre maggiore carenza di tenerezza, calore e amore. Si farà quindi sperimentare il movimento all’inizio senza esagerare (ad es. con la tecnica “liberi e leggeri per il mondo”) ampliandolo poi mano a mano nella gioia e nella leggerezza.
Nel vertiginoso inoltre, che avrà un rifiuto degli ambienti rumorosi che incentivano la sensazione di disequilibrio e disincentivano l’ascolto degli altri, andremo ad agire sui recettori senso-motori del riequilibrio attraverso un utilizzo specifico della musica, per riaccompagnarlo con gradualità ad ascoltare gli altri e l’esterno.
Infine, a completamento dei diversi approcci e acquisendo man mano la conoscenza dei sistemi specifici che vengono coinvolti nella persona, diventerà importante anche offrire indicazioni precise di nuove abitudini che agiscano nelle modalità compensative (come ad es. suggerire di ascoltare una sua musica, di fare una passeggiata o di portare a spasso il cane) che gli permettano di avvertire meno la vertigine e di far emergere invece una nuova sensibilità, intesa come un nuovo modo di Percepirsi e di Percepire il mondo attorno, unici parametri che possono ri-orientare l’uomo nella ricerca del suo personale equilibrio nella vita.
BIBLIOGRAFIA:
Chaitow, L., La Fascia, Edi-Ermes Edizioni, 2015.
Levine, P.A., Somatic Experiencing, Casa Editrice Astrolabio, 2010.
Rispoli, L., Di Nuovo S., L’analisi Funzionale dello Stress, Franco Angeli, 2011.
Rispoli, L., Esperienze di Base e Sviluppo del Sè, Franco Angeli, 2004.
Rispoli, L., Psicologia del Sè, Casa Editrice Astrolabio, 1993.
Siegel, D.J., Mindsight, Raffaello Cortina Editore, 2011.
Appunti tratti da lezioni presso la “Scuola Di Psicoterapia Funzionale S.E.F.”, Sede di Padova, anno 2014.